sabato 26 febbraio 2011

LA NUOVA TRANSUMANZA


Il tradizionale trasferimento stagionale di greggi, alla ricerca di pascoli migliori, in Italia è stato innovato e ammodernato: non riguarda più ovini e caprini ma parlamentari ed esponenti politici di ogni livello e non è più limitato ai cambi di stagione ma è continuo.
Ciò che non è cambiato è la ricerca di un pascolo migliore. Naturalmente il pascolo deve essere effettivamente migliore e sicuro e i nuovi pastori devono dare garanzie certe, per il presente e per il futuro, altrimenti le novelle pecorelle e caprette mica ci stanno: passano ad altri pascoli o addirittura, dopo averne saggiati più di uno, tornano all’ovile.
Se si guarda all’incessante viavai dei parlamentari da un gruppo all’altro e allo spasmodico cambio di casacca di sindaci ed assessori, bisogna convenire che l’immagine della transumanza dianzi descritta è alquanto appropriata.
E’ vero che siamo nel mercato globale, nel quale spesso domina il mercimonio più sfrontato e sporco, ma il fatto che, nel corso di due anni e mezzo, più di 120 deputati e senatori abbiano cambiato casacca, non può non sconvolgere. Si tratta di un trasformismo da record, che giustifica in pieno le immagini della “compravendita” del mondo calcistico e del “mercato delle vacche,” aleggiate nel corso di questi mesi.
Che questo losco processo, nel campo politico, venga alimentato, per personali interessi, dal più spregiudicato imprenditore pubblicitario e commerciale del Paese, qual è il Berlusca, è un fatto assodato ed anche comprensibile; quello che non si riesce a capire è lo scarso o nullo sforzo autocritico  di quanti, nel campo avversario, per superficialità imperdonabile, sciocco nuovismo e scimmiottamento del competitore, hanno utilizzato la “porcata” elettorale nel peggiore dei modi, candidando avventurieri di ogni specie, che, alla prima occasione, hanno cercato approdi più redditizi.
Quale credibilità e fiducia potranno suscitare, nell’opinione pubblica smarrita, dirigenti politici di questa fatta, che, oltretutto, continuano ad avanzare “trovate”moderniste, senza minimamente preoccuparsi di render conto dei mastodontici errori commessi?
Personalmente sono piuttosto diffidente rispetto alla pratica della rottamazione, di cui tanto si parla in questa fase, perché, spesso, nelle organizzazioni politiche, basate sul personalismo e non sul radicamento sociale partecipato, tale metodologia fa fuori le energie più provate e porta in auge quelle più appariscenti e meno sicure e sperimentate.
Non avrei difficoltà, però, a salutare con un certo piacere la rottamazione di coloro che hanno gettato il bambino e si sono tenuta l’acqua sporca e si ostinano a seguire la stessa strada, senza un minimo di riflessione autocritica sul proprio operato.
Ma al di là di questa riflessione amara, credo che, per arrestare l’indecoroso processo trasformistico in atto, occorre vivere e far vivere la politica come idealità, valori, etica civile, strumento organizzato di crescita e trasformazione della società e non come semplice gestione del potere e trampolino di successo personale e feudale.
E questo serve ad ogni livello, nelle istituzioni parlamentari e di governo ma anche a livello periferico e locale.
Bisogna, infatti, essere consapevoli del fatto che nei Comuni, nelle Province e nelle Regioni la transumanza si è trasformata in vero e proprio randagismo

sabato 19 febbraio 2011

E’ L’ORA DELLA RESA DEI CONTI


Qualche mese fa, su questo giornale, scrissi un articolo intitolato “RIBELLARSI E’ GIUSTO”.
Lo scrissi a sostegno della lotta delle amministrazioni e delle popolazioni dell’Alta Irpinia, in difesa delle strutture ospedaliere del territorio.
Oggi, alla luce di quello che sta avvenendo, non solo nel settore sanitario ma anche in tutti gli altri campi, sia in Irpinia che nell’intero Mezzogiorno, sento di affermare che la ribellione non basta: serve una vera e propria rivolta.
Non parlo di rivoluzione per non apparire un esasperato, un illusionista, un marziano.
La realtà sociale, economica e politica delle nostre terre e del Mezzogiorno, sta assumendo, però, caratteristiche tali da richiedere una radicale resa dei conti a tutto il sistema di potere dominante. 
Le vicende in atto nei paesi africani e l’intero corso della storia, oltretutto, ci dicono che  “quando la misura è colma”, tutto può succedere, perché “il troppo stroppia”.
Quello che è stato costretto a sopportare fino ad ora l’intero Mezzogiorno e segnatamente la sua parte più marginale è stato veramente troppo.
A 150 anni dall’Unità del Paese, il Sud viene ancora considerato dal ceto dominante, a seconda delle circostanze, o un peso da scaricare o una mucca da mungere.
Nella ripartizione dei fondi per le grandi opere e per i servizi essenziali al Sud vengono assegnate solo le briciole.
Nei momenti di emergenza i fondi FAS e spesso anche i fondi europei, destinati per legge alle aree sottosviluppate, vengono prelevati per pagare la cassa integrazione, per fronteggiare gli effetti di qualche calamità naturale, per pagare qualche  pesante multa europea, ecc.
I tentativi, invero poco efficaci, messi in campo a sostegno del Sud, nei decenni scorsi, oggi non vengono nemmeno ipotizzati; al massimo si ricorre a qualche pacchianata propagandistica, priva di ogni concretezza.
E così le infrastrutture avviate restano incomplete, i grandi progetti restano sulla carta e vengono rispolverati solo in campagna elettorale, molte strutture sanitarie vengono chiuse o declassificate, come sta succedendo in Alta Irpinia,  molte fabbriche vengono smantellate, ecc.
Perché meravigliarsi allora se la disoccupazione giovanile raggiunge livelli sbalorditivi, se molte aree territoriali si avviano alla desertificazione antropica, se la malavita organizzata tende ad occupare tutti gli spazi e ad estendersi anche in altre aree del Paese?
E mentre avviene tutto questo stiamo anche ad assistere continuamente alla nascita di sigle sudiste ad opera di personaggi, che sostengono servilmente e vigliaccamente la politica governativa antimeridionalistica.
Siamo proprio al teatro dell’assurdo!
In questo quadro finiscono per apparire addirittura più apprezzabili i leghisti, che almeno si manifestano per quelli che sono, senza mascheramenti.
Rispetto a questo processo devastante manca una politica chiara e credibile ed una classe dirigente, capace di costruire una svolta .
E questa è una piaga drammatica soprattutto nel Mezzogiorno, dove la politica è andata a finire tutta nelle mani dei gestori del potere, che si preoccupano solo delle poltrone da occupare direttamente o assegnare ai clienti.
Di qui la necessità di mettere in campo un grande movimento, capace di svegliare le coscienze e ridare vita alla vera politica.

lunedì 14 febbraio 2011

QUANDO TUTTO APPARE INUTILE


Quando, nella vita, tutto appare inutile c’è da essere molto preoccupati, perché situazioni di questo tipo esprimono la fine di un percorso, la caduta nella sfiducia, la perdita di ogni speranza.
Non credo che nell’esistenza di una persona, di una comunità, di una istituzione possa esserci un’esperienza più traumatica di quella determinata dal senso di inutilità di ogni atto, gesto, parola o pensiero. Tutti, perciò, dovrebbero fare il massimo sforzo per tentare di non trovarsi mai in una situazione del genere. Purtroppo, però, gli sforzi individuali e sporadici spesso non bastano, perché è andato affermandosi un tipo di vita squallidamente mercificante.
Se ad essere investita dalla sfiducia e dalla perdita di ogni speranza è la singola persona, a volte, qualche rimedio si trova pure, nel sostegno e nell’aiuto di familiari, parenti ed amici.
Se, invece, il senso dell’inutilità di ogni cosa investe una comunità, un Paese, una istituzione, la situazione assume un aspetto traumatico e devastante.
Questa mi sembra essere la condizione verso la quale sta precipitando, a ritmi forzati, il sistema politico e mentale del nostro Paese.
Questo mia visione a qualcuno, forse, può apparire catastrofista, ma, onestamente, temo di avere una percezione della realtà piuttosto fondata. Di esempi a sostegno di questo dato se ne potrebbero fare a decine. Mi limito a richiamarne solo alcuni:
1-    In Italia, sotto la spinta del Berlusca, è in atto un contrasto senza precedenti tra i fondamentali poteri costituzionali- esecutivo, legislativo, giudiziario-;
2-    A 150 anni dall’unificazione del Paese è in atto un attacco violento e rozzo contro l’unità nazionale e il Mezzogiorno, da parte della Lega Nord, che ipoteca la vita del Governo;
3-     Per la prima volta, nella storia della nostra Repubblica, i giovani italiani si trovano in una condizione prospettica peggiore di quella dei loro genitori, a causa di una strategia politica ed economica che favorisce solo potentati, lobby e cricche, a danno  dell’intero Paese;
4-    Il capo del governo, Silvio Berlusconi, ne combina di tutti i colori, sia in campo politico che morale, ma le forze di opposizione non riescono  ad accreditarsi come alternativa credibile al sistema imperante.
Rispetto a questi grossi problemi non mancano richiami responsabili ed equilibrati del Presidente della Repubblica, né mancano voci e osservazioni preoccupate di intellettuali, economisti, giuristi, semplici cittadini, credenti e non credenti, italiani e stranieri, ma tutto appare inutile e così il processo di disfacimento politico, culturale e sociale procede in maniera ineluttabile.
Che è successo agli Italiani?  Che altro deve succedere per determinare un risveglio generale e far rinascere la speranza?
Sono convinto che, nel Paese e anche nello scenario politico, esistono energie e forze sane, capaci di battere la sfiducia e determinare la svolta necessaria. 
Dove sta, allora, l’inghippo?
A mio parere tutto dipende dalla distruzione dei valori, delle idealità, della legalità, dell’etica civile, della moralità personale.
Il senso dell’inutilità di ogni azione potrà essere sconfitto e superato solo da una chiara diversità culturale, politica, e morale, rispetto al cancro del berlusconismo,  che corrompe e svuota le coscienze.

sabato 5 febbraio 2011

IL PEGGIORE PAGANESIMO


Per paganesimo, comunemente, oggi, s’intende la soggezione a idoli nuovi, quali il potere, il denaro e la ricchezza, la ricerca dell’evasione e del piacere, il libero arbitrio, il delirio di onnipotenza, l’impunità assoluta, ecc, ecc.
Il nostro Paese, con il berlusconismo, sembra essere sostanzialmente in preda di questo tipo di fede (?), pur ospitando al proprio interno, come Stato autonomo e come credo dominante, la Chiesa cattolica, che ha affossato da un paio di millenni la religione pagana.
Il capo di questa dottrina mentale e politica è il satrapo Silvio.
La liturgia attraverso la quale si esprime siffatto paganesimo è rappresentata dai riti servili dei fedeli cortigiani e pretoriani.
Naturalmente, come avviene in tutte le sette religiose e, spesso, anche, purtroppo, nelle religioni ufficiali, nel paganesimo berlusconiano domina il senso dell’infallibilità, del dominio assoluto, del disprezzo delle altre credenze e degli altri poteri.
E così, attraverso una molteplicità di riti – sondaggi falsi, pubblicità ingannevoli, canee mediatiche, bugie ripetute, vittimismi costruiti, videomessaggi aggressivi, ecc – questa sporca dottrina persiste e resiste. Non perde affiliati nella congregazione dei “nominati” nel Parlamento e nei luoghi di potere e conquista pure adepti nel mondo di coloro che aspirano ad una vita migliore di quella nella quale sono costretti a vivere. Oltretutto il premio di qualche assegno sostanzioso o incarico istituzionale, rilasciato dal capo-setta, è certamente meno aleatorio dei premi ultraterreni, promessi da preti, vescovi e cardinali cattolici.
E’ ovvio e comprensibile, pertanto, che le penitenze richieste dalla religione cattolica, i digiuni previsti dalla religione mussulmana e i ritiri suggeriti dalla religione buddista, ecc, non ce la fanno a competere con le serate di Arcore: il bunga bunga  gheddafiano e il lettone putiniano, con relative orge, attraggono molto di più.
D’altra parte le alte gerarchie ecclesiastiche mica si sforzano tanto per condannare questo mondo paganeggiante e fronteggiare la concorrenza: per non fare illazioni su possibili interessi (?), diciamo che in queste sfere prevale la diplomazia e il senso della misura, nell’uso delle parole.
Rispetto all’andazzo trimalcionesco berlusconiano non mancano, invero, voci risentite di qualche vescovo e di vari parroci, su qualche giornale e persino in Chiesa, ma evidentemente non bastano a porre un argine all’avanzata del peggiore paganesimo.
Un argine vero e forte a questo modo di pensare e di agire, purtroppo, non riescono a porlo nemmeno le forze politiche di opposizione e la “società civile”, nelle sue varie articolazioni: in questi  circa vent’anni di berlusconismo paganeggiante e distruttivo di valori e idealità, troppi sono stati gli scimmiottamenti e i comportamenti imitativi, troppe le reticenze e le distrazioni, troppe le indifferenze.
E così anche le indicazioni e le proposte veramente alternative hanno perso ogni credibilità.
Per uscire da questo pantano, perciò, non bastano i vecchi ritornelli usati finora nelle svuotate sedi rappresentative o sui media.
A questo punto serve anzitutto una visibile e netta diversità etica, culturale e mentale, oltre che politica, e un grande e radicale movimento di lotta, in tutti i luoghi di lavoro, in ogni paese e quartiere, nel corpo vivo della società.