lunedì 9 aprile 2012

PER USCIRE DALLE SABBIE MOBILI


Non è piacevole doverlo ammettere, ma ormai, in Italia, siamo sulle sabbie mobili.
La situazione economica, politica e morale del Paese è tale da non lasciare grandi speranze.
Coloro che, dagli scranni del potere, cercano di mistificare la realtà, attraverso gli strumenti di informazione asserviti, non fanno altro che rendere peggiore la situazione.
I dati del debito pubblico, che assommano a circa due mila miliardi di euro, della evasione fiscale, che supera i 120 miliardi annui, della disuguaglianza sociale, che registra il patrimonio di dieci famiglie uguale a quello di 3 milioni di persone, della disoccupazione giovanile, che raggiunge l’indice del 32 % , ecc, ecc, sono così eloquenti da non consentire più alcuna falsificazione della realtà.
I provvedimenti del governo Monti, in sostanziale continuità con quelli del governo Berlusconi, non ci faranno uscire dalle sabbie mobili, al massimo prolungheranno l’agonia di milioni e milioni di Italiani, dal momento che non si propongono di ribaltare seriamente il sistema economico, che ci ha fatto precipitare nella crisi.
E’ chiaro che il problema non è solo italiano ma anche europeo e addirittura mondiale, perché alla base dell’impaludamento generale ci sono le scelte nefaste del capitalismo finanziario e speculativo, del liberismo sfrenato e del mercato senza regole.
La mancanza di una ipotesi alternativa a questo sistema economico, sociale e politico non poteva che portare all’attuale disastro.
Non occorre essere preveggenti per capire che le cose non potranno continuare così all’infinito: ad un certo punto qualcosa succederà.
Il guaio è che la rottura del processo potrà essere tanto più traumatica quanto più la situazione si sarà incancrenita. La storia ce lo ha ampiamente insegnato.
E’ necessario ed urgente, pertanto, che le persone, le energie e le forze politiche e sociali, consapevoli dello stato delle cose, non perdano altro tempo, nella ricerca di palliativi o addirittura nello scimmiottamento degli autori del disastro.
Non si sfugge al pericolo dello sprofondamento, continuando a guazzare nella palude!
La modernità non sta nella riproposizione di vecchie e rancide ricette, furbescamente riciclate dai soliti detentori del potere.
Per uscire dal sistema paludoso nel quale viviamo servirebbe, naturalmente, una visione della vita e del mondo completamente diversa da quella dominante, ma è sbagliato attendere che ce la porti qualche Messia.
Bisogna costruirla con pazienza e tenacia, luogo per luogo, giorno dopo giorno, partendo dai bisogni essenziali degli esseri umani, singoli e collettivi, e ispirandosi a ciò che di meglio essi hanno costruito nel corso dei tempi.
Tutti i grandi processi rivoluzionari, che hanno segnato la storia dell’umanità, sono stati sempre generati da robusti movimenti culturali, mai da qualche bacchetta magica. 
La vera e sana Politica non è quella personalizzata e gestionale, ma quella che si nutre di idee e valori, che interpreta i bisogni delle persone in carne ed ossa e che si radica nel territorio.
Pensiamo per un attimo a tutti gli stomachevoli mercanteggiamenti che si sono verificati, nei giorni scorsi, nei Comuni, che dovranno andare al prossimo voto amministrativo e ci renderemo subito conto della pericolosità della palude, che sta inghiottendo fabbriche, ospedali, tribunali, infrastrutture, servizi, ecc.

PER NON CADERE NELLA DEPRESSIONE


Non è facile per chi, nella sua esistenza, ha sempre coltivato certi valori civili, sociali, culturali e morali, mantenere, nella realtà odierna, un solido equilibrio psichico.
L’ideologia, che ha fatto del profitto esasperato e del mercato senza regole delle “divinità” assolute, sta distruggendo tutto.
L’asservimento della società a queste “divinità”, soprattutto nel nostro Paese, sembra essere inarrestabile.
Gli sparuti difensori dell’impianto costituzionale, dei valori egualitari, delle conquiste civili e sociali, del patrimonio migliore del nostro paese appaiono ormai dei soggetti anacronistici.
E così, spesso, capita che anche molti degli storici cultori e protagonisti delle passate conquiste, ora si sentono macchiati da una sorta di peccato originale da cui liberarsi, per diventare apostoli delle nuove “divinità”.
Non c’è bisogno di essere un raffinato politologo per rendersene conto, basta accendere il televisore, sfogliare qualche giornale, fare qualche chiacchierata in piazza.
Non mancano naturalmente quelli che si ostinano a credere ancora nei valori civili e sociali, che hanno segnato la storia degli ultimi secoli, ma, per loro, la vita diventa sempre più difficile:
si sentono isolati, emarginati e, nel migliore dei casi, compatiti.
Ne deriva che su queste persone aleggia sempre di più lo spettro della depressione.
I percorsi individuati da questi infelici, per sfuggire a questo malanno, sono stati vari: alcuni si sono messi a coltivare interessi particolari, magari di carattere personale o familiare, altri hanno trovato degli hobby, capaci di distrarli, altri ancora si sono lasciati attrarre dall’indifferenza o addirittura dal qualunquismo, ecc.
A combattere quotidianamente con lo spettro della depressione, non sono pochi: sono
coloro che non hanno voluto cancellare la propria storia.
La fine del governo Berlusconi e la creazione del governo Monti aveva acceso in queste persone un barlume di luce e rimesso in moto qualche speranza.
A sentire, oggi, certe dichiarazioni di Monti, Fornero, Passera ecc, e a leggere certi giornali, questi poverini rischiano di ricadere nel baratro psichico, in maniera ancora più traumatica.
Che fare, allora?
La medicina idonea è quella di
-richiamare alla mente il percorso della storia umana, che ci dice come gli uomini siano stati sempre capaci di uscire, sia pure attraverso immensi sacrifici, anche dalle situazioni più difficili e drammatiche,
-analizzare con grande capacità critica la realtà odierna, per smascherare gli artefici del disastro e individuare le forze e le energie, capaci di mettere in moto un movimento di pensiero e di lotta, contro il processo devastante in atto,
-smetterla di piangersi addosso, crogiolarsi nella rassegnazione e nella sfiducia o limitarsi a scegliere il meno peggio.
Grazie a questa “medicina” è possibile vincere il senso di impotenza e la passività. Oltretutto è doveroso farlo, se non si vuole diventare complici indiretti dei devastatori.
Il troppo stroppia! E’ necessario ed urgente farlo capire anche agli attuali governanti del nostro Paese, che, sostenuti da un sistema informativo asservito e da un sistema politico sbrindellato e opportunista, vogliono passare come salvatori della Patria, continuando a dissanguare, in continuità col passato governo,  lavoratori, pensionati, impiegati, esodati, piccole imprese, lasciando nell’ inferno giovani, donne, mezzogiorno, ecc e non toccando miliardari, evasori fiscali, malavitosi, speculatori finanziari, lobby, ecc. Ora basta! 

IL MERCATO DEL LAVORO


Il lavoro è esplicazione di energia, soprattutto umana, finalizzata a produrre i beni necessari per la vita. In una società civile, l’essere umano, nell’applicazione delle sue forze fisiche e facoltà intellettuali, cioè lavorando, si procura da vivere, realizza se stesso e contribuisce alla crescita del tessuto sociale. Il lavoro, inteso in questo senso, occupa nella Costituzione Italiana un posto rilevante e preminente.
In contrasto con i principi costituzionali e con l’essenza stessa del termine, in questi ultimi mesi, è andata diffondendosi, nel linguaggio politico e corrente, l’espressione “mercato del lavoro”. Il “dio” mercato, dunque, ha acquisito tanto potere da snaturare persino l’essenza genetica della parola “lavoro”. Non è un caso che, in questi giorni, l’arcivescovo Bregantini, in una intervista, abbia posto una seria domanda e sollevato una altrettanto seria questione:
 “ Il lavoratore è persona o merce? Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio, perché resta invenduto”.
Che ne pensano, in merito, i professori del governo, pure loro di formazione cattolica?
Non credo che la stessa espressione “mercato del lavoro”, data da loro in pasto all’opinione pubblica, nel corso di queste ultime settimane, sia inquadrabile nella sensibilità intrinseca nelle parole di monsignor Bregantini.  Anzi, è chiaro che tale espressione riflette una ideologia conservatrice e classista, molto distante dagli interessi e dai bisogni dei lavoratori ed anche dai valori cristiani.
Che cosa costa a chi ha un reddito annuale di varie centinaia di migliaia di euro far passare come riforma epocale e salvagente nazionale un provvedimento, che, di fatto, colpisce pesantemente i lavoratori, riducendoli a merce?
La retorica che tende a far passare il provvedimento come uno strumento, capace di favorire gli investimenti produttivi e rispondere alle esigenze dei giovani è intrisa di falsità.
Se si vogliono alimentare gli investimenti e dare risposte alla domanda di lavoro dei giovani bisogna imboccare ben altre strade. Occorre colpire le speculazioni finanziarie, le rendite della malavita organizzata, i grandi patrimoni, l’evasione fiscale, gli sprechi della pubblica amministrazione e della politica sporca. Occorre utilizzare i fondi europei, valorizzare le risorse nazionali, mettere in moto tutte le energie umane disponibili. Occorre tagliare le spropositate spese per l’acquisto di armi e strumenti militari, risanare il sistema di finanziamento alla politica, rimodulare gli investimenti per le infrastrutture, ecc.
E’ assolutamente inaccettabile che i pubblici poteri, da un lato, assistano passivamente e in maniera connivente alla elargizione di indennità e buonuscite favolose per banchieri, generali, manager, alti(?) dirigenti, da un altro lato, non si lascino turbare dai suicidi sempre più numerosi di lavoratori,  che non riescono a trovare lavoro e a sbarcare il lunario.
Basterebbero pochi provvedimenti seri e decisi, per raccogliere, in un batter d’occhi, risorse finanziarie, capaci di cambiare il volto del Paese. Altro che articolo 18 !
Se non vogliamo che l’Italia cada nel baratro occorre cambiare decisamente strada!
Le forze sane del Paese devono svegliarsi, altrimenti, sotto le manovre della tecnocrazia, del padronato e di un certo mondo mediatico, viscido e asservito, oltre al sistema economico, andrà a fondo anche il sistema democratico.