domenica 24 luglio 2011

SISTEMA POLITICO IN FALLIMENTO


Il sistema politico italiano, nato dalla Resistenza e con la Repubblica, è andato in fallimento, agli inizi degli anni novanta del '900.
Da allora, tutta la vita del nostro Paese, a cominciare da quella politica, è in mano a curatori fallimentari.
Alcuni di questi, pur facendo qualche sforzo, non sono riusciti a raddrizzare la situazione, altri, come quelli chi ci governano attualmente, hanno addirittura contribuito a farla precipitare, facendo la propria fortuna, in danno delle masse popolari e di tutti i settori della vita del Paese. 
E' successo così che la politica ha smesso di essere uno strumento di crescita, di formazione e di guida, per diventare un semplice strumento di potere personale e di cricche ammanigliate. 
In una situazione di questo tipo era inevitabile che maturasse un grosso discredito nei confronti della politica e si diffondesse anche un manipolato qualunquismo distruttivo.
A contare e ad avere potere reale, in questo clima, sono le lobby, le corporazioni, le organizzazioni finanziarie e speculative, le associazioni malavitose, ecc.
Il Paese è rimasto senza una guida vera, senza un governo vero.
Nel vuoto di ogni scelta programmatica, oculata e ponderata, la crisi economica è cresciuta, gli squilibri sociali e territoriali sono aumentati, il futuro del Paese è stato compromesso.
Il curatore fallimentare  Berlusconi scappa dinanzi alle prove difficili ed opera solo per risolvere le sue grane personali ed aziendali.
Questo andazzo è diventato oltremodo distruttivo non solo perché sta portando l'Italia ad un rovinoso crack, ma anche perché sta inquinando la cultura e il modo di pensare della gente, che, dai media asserviti, viene indirizzata su binari sbagliati.
Nel Paese, come hanno dimostrato i risultati elettorali delle ultime elezioni amministrative e referendarie e tante iniziative di lotta di giovani, donne e lavoratori, ci sono ancora molte energie positive, protese a rilevare "l'azienda Italia" in fallimento, ma il curatore fallimentare in carica non vuole mollare la preda, perché la gestione della "curatela" gli rende molti benefici.
Che fare, a questo punto?
Non serve l'antipolitica qualunquista, ma una rivoluzione culturale e sociale, capace di risanare e rigenerare la Politica con la P maiuscola, rendendo protagoniste la masse popolari.
Le forze democratiche e di sinistra, se vogliono svolgere un ruolo positivo per il Paese, devono urgentemente uscire dal pantano del basso potere in cui sono precipitate, per indicare alla popolazione un percorso chiaro e alternativo a quello in atto, seguendo una bussola non falsata e manipolata.
Non si puó vivere alla giornata, coltivando e sollecitando umori e istinti egoistici.
Bisogna fare scelte coraggiose, anche dolorose, se necessario, per avviare un nuovo percorso, capace di farci uscire definitivamente  dallo stato di crisi.
La "curatela fallimentare", gestita da Berlusconi e soci, non può fare altro che aggravare la situazione.
Tutte le Istituzioni sane e tutti i cittadini onesti, che hanno a cuore le sorti dell'Italia, non possono stare ad aspettare: serve una grande azione, per mandare a casa ed, eventualmente, anche in galera  chi ci ha fatto precipitare in questa triste situazione e per salvare quel poco che è rimasto di buono, per ridare un futuro all'azienda Italia.

IRISBUS: POLITICI ALLA PROVA


La vicenda IRISBUS, che, in questi giorni, sta tormentando la vita di centinaia di famiglie delle nostre terre, trasmette preoccupanti messaggi sociali e politici anche alla intera società. Sarebbe un grave errore non recepirli!
Personalmente confesso di essere piuttosto indignato, rispetto al silenzio dei media nazionali, e alquanto perplesso, rispetto alla reazione della classe dirigente irpina e nazionale.
Mi auguro di sbagliare, ma non ho colto finora significativi segnali di consapevolezza di quello che sta succedendo. Nelle varie prese di posizione si percepisce una certa apprensione, ma il tutto sembra essere visto come un fatto su cui c’è poco da fare. Solidarietà formale e, forse, anche sincera ai lavoratori, ma sostanziale sfiducia, rispetto ad una possibile inversione del percorso avviato dall’azienda.
A mio parere si tratta di un atteggiamento sbagliato: tutte le istituzioni e tutte le forze politiche, con i rispettivi rappresentanti territoriali, in accordo con i lavoratori e le forze sindacali, dovrebbero mettere in campo una serie di iniziative, anche dirompenti, per ribaltare il percorso in atto.
Non bastano le dichiarazioni ai media e nelle assemblee, non bastano le interrogazioni ai vari organi di governo, non bastano le presenze formali alle iniziative di lotta dei lavoratori. Sono tutte cose utili, ma serve qualcosa di più incisivo.
Bisogna investire con iniziative specifiche i Comuni, la Provincia, la Regione, il Parlamento, il Governo. Gli organi di Governo, a cominciare dai Ministeri del lavoro e dell’economia, devono assumersi la responsabilità di aprire un confronto serrato con i dirigenti dell’Iveco, per giungere non alla vendita dell’azienda ma alla sua rinascita. Non si tratta, infatti, di un’azienda produttrice di merce inutile ma di mezzi di trasporto assolutamente essenziali, per l’intero Paese.
I rappresentanti istituzionali del territorio colgano l’occasione per far sentire il loro peso a tutti i livelli, fino alla messa in discussione degli equilibri politici della maggioranza di governo e della loro stessa personale funzione. Appropriandomi di un felice slogan del movimento femminile, mi permetto di dire: “Se non ora quando”?
Faccio un ragionamento di questo tipo, perché, nel corso delle mie esperienze istituzionali, ho potuto direttamente sperimentare vari comportamenti drastici, tesi a modificare situazioni ritenute inaccettabili.
In una fase come quella attuale, in cui i ministri della Lega Nord si permettono di fare, quotidianamente, ricatti di ogni genere al governo di cui fanno parte, sinceramente non troverei affatto scandaloso  che i rappresentanti del nostro territorio ricorressero a forme di lotta  altrettanto drastiche.
Naturalmente tutti sono liberi di fare ciò che ritengono più opportuno, ma mi sia consentito di valutare come assolutamente inaccettabile la chiusura della Irisbus, costruita con tanti aiuti dello Stato. Si tratterebbe, oltretutto, di un evento tanto dirompente da aggravare ulteriormente tutti i contenziosi già in corso nel mondo del lavoro e da metter una pietra tombale sulle infrastrutture già accantonate, nelle quali, però, ancora si spera, dalla superstrada Contursi-Grottamianrda, alla linea  ferroviaria dell’alta capacità, Napoli-Bari, ecc.
E’ giunto il momento che emerga una vera classe dirigente, che non assista passivamente alla morte del nostro territorio e che faccia qualcosa per favorire investimenti produttivi.
Le possibilità ci sono! 

domenica 10 luglio 2011

LEGALITA’ – MORALITA’ - EGUAGLIANZA

La manovra finanziaria, per la sistemazione dei conti, proposta da governo, è socialmente e moralmente allucinante. Ad essere colpiti sono sempre gli stessi: pensionati, lavoratori, impiegati, donne, giovani, enti locali, ecc.
Ancora una volta il governo, direttamente o tramite le istituzioni territoriali, si ostina a mettere le mani nelle tasche dei soliti poveri cristi, riducendo consumi, servizi essenziali ed economia produttiva e risparmiando, paperoni, padroni, lobby, speculatori e politici nullafacenti.
Ancora una volta a pagare il prezzo più grosso finiranno per essere le giovani generazioni, che, oltre a non trovare lavoro, vedranno ridursi anche gli aiuti di genitori e nonni a cui vengono falcidiate retribuzioni e pensioni.
Ancora una volta il popolo italiano è costretto ad assistere a manovre losche, tendenti a favorire direttamente il “capo” e a scaricare sul futuro i problemi.
Come non richiamare alla mente, in una situazione di questo tipo, i giudizi duri e pesanti che, quotidianamente, sulla situazione italiana, vengono espressi dalla stampa straniera, non asservita?
 “Come è possibile che gli Italiani continuino a tollerare Berlusconi”? (New York Times, gennaio 2011);
Berlusconi: l’uomo che ha fregato un intero Paese” (The Economist , 9 giugno 2011);
 “Berlusconi è un esempio terribile per il nostro Paese. L’Italia non è una nazione egoista ma lui ha dato ossigeno alle parti peggiori della società” (Renzo Piano, Time, 3 luglio 2011);
“La classe politica attuale è la più bassa di tutti i tempi” (Famiglia Cristiana, 5 luglio 2011).
L’elenco delle valutazioni negative potrebbe continuare a lungo, ma non è necessario infierire in un semplice articoletto, come questo, perché il resoconto completo dei giudizi è facile trovarlo su internet.
Non è certamente una cosa piacevole, per gli Italiani, essere collocati in uno scenario di questo tipo, dopo essere stati, per secoli e secoli, gli artefici di straordinarie conquiste artistiche, scientifiche, umane e, se pensiamo alla Resistenza e alla Costituzione, anche politiche.
A questo punto c’è da domandarsi effettivamente come sia possibile tollerare che nel nostro Paese si riproponga un nuovo “ventennio”, certamente di altro tipo, ma geneticamente non moto distante da quello mussoliniano, per liberarsi dal quale sono state versate tante lacrime  ed è scorso tanto sangue.
Ma c’è da domandarsi, anche, come sia possibile che, rispetto a questo stato di cose, non maturi una politica chiaramente e credibilmente alternativa. Eppure di spazi ce ne sono tanti!
A mio parere, per uscire dal pantano e creare una strategia alternativa bisogna rendersi conto, una buona volta, che non servono chiacchiere, manovre e personalismi ma occorre una nuova visione della vita alla cui base ci sia il recupero del senso civico, il ripristino della pulizia morale, la salvaguardia del principio egualitario.
Nessuna coalizione sarà credibile se non si ispira a questi valori semplici e chiari; nessun programma di governo riscuoterà grandi e convinti consensi popolari se non si nutre di questi principi  basilari.
La crisi che sta attraversando il nostro Paese non è congiunturale, ma sta assumendo aspetti patologici, per cui non è facile venirne fuori, con provvedimenti normali. Serve una visione politica completamente diversa, guidata dal motto:“legalità, moralità, eguaglianza”.

domenica 3 luglio 2011

LA VIOLENZA DEL DIO DENARO


Secondo statistiche ufficiali, nel mondo, un miliardo di persone soffrono la fame, due miliardi sono malnutrite e tra i cinque e venti milioni, ogni anno, muoiono di fame.
A queste cifre stratosferiche sulla fame se ne possono aggiungere tante altre sui vari mali, che affliggono l’umanità: ogni anno, undici milioni di bambini muoiono di malattie prevedibili, seicento milioni di bambini, sotto i 5 anni, sopravvivono con meno di un dollaro al giorno, duecento milioni di bambini sono affetti da rachitismo per malnutrizione, 110 milioni non vanno a scuola, 30 milioni di bambini non sono protetti da vaccinazioni, 5 milioni di neonati all’anno muoiono durante il parto o nella prima settimana di vita, 2 milioni di bambini muoiono per malattie  diarroiche e altri disturbi legati al consumo di acqua, perché più di un miliardo di persone non hanno accesso all’acqua potabile.
L’elenco, purtroppo, potrebbe continuare a lungo, a testimonianza della situazione drammatica nella quale si trova l’umanità.
I dati riguardanti i guasti ambientali, gli squilibri sociali, le nefandezze politiche sono altrettanto sconvolgenti.
Il tutto è determinato dalla ricerca spasmodica del profitto e del denaro da parte di una minoranza della popolazione, che esercita una spregiudicata violenza sull’esistenza dell’intera umanità e sulla stessa vita del pianeta terra.
Non c’è affatto da meravigliarsi dei dati esposti, se si pensa che meno dell’uno per cento degli esseri viventi sulla terra possiede il 40% della ricchezza mondiale e che le prime 100 multinazionali hanno un fatturato corrispondente ad un quinto di tutto il fatturato mondiale.
Si tratta solo di limitati dati che attestano la terrificante situazione di squilibrio sociale esistente sulla terra. 
Se non è violenza questa, non so proprio dove andarla ad individuare nello scenario della vita.
Eppure nell’opinione corrente, gli strumenti informativi, dominati in larghissima parte dai paperoni, fanno passare come violenti, solo gli atti, spesso disperati, dei poveri cristi o di quelli che osano ribellarsi e contrapporsi al devastante processo in atto nella società.
In Italia non siamo ai livelli descritti, ma non mancano squilibri aberranti e storture insopportabili. Anche da noi si registrano dati terrificanti:
il 10% delle famiglie possiede quasi il 50% della ricchezza, l’occupazione delle donne, al 49,5 %, è la più bassa dei paesi europei, il reddito dei meridionali non raggiunge nemmeno i due/terzi del reddito dei cittadini del nord,  la disoccupazione giovanile raggiunge quasi il 30% , con punte, nel mezzogiorno, superiori al 50%, l’evasione fiscale supera i cento miliardi all’anno, il reddito annuale della malavita supera anch’esso i cento miliardi,  le morti sul lavoro sono più di mille all’anno, ecc.
Si potrebbero aggiungere tanti altri dati, ma non è necessario, perché la situazione è sotto gli occhi di tutti.
A questo punto c’è solo da chiedersi come rispondere alla violenza dei famelici del “dio denaro e dio profitto”, che determina tale aberrante situazione.
L’Illuminismo e il Socialismo ci hanno indicato delle strade. Quelle lezioni, certamente da adeguare ai tempi, non possono essere dimenticate e trascurate.
O bisogna concludere che, per rispondere alla violenza dei potenti, non c’è altra strada che la pura violenza, altrettanto devastante?
 Angelo Flammia