sabato 30 aprile 2011

NON DISTRUGGIAMO L’ISTITUTO DEL REFERENDUM


Il referendum è un istituto che perfeziona la democrazia parlamentare, in quanto consente al popolo di rivelare direttamente la propria volontà, che, a volte, viene ostacolata da interessi particolaristici dei governanti  o da preclusioni  ideologiche.
Per il solo fatto che la Repubblica italiana  sia stata istituita da un referendum istituzionale, il 2 giugno 1946, dovremmo essere affezionati a questo strumento democratico.
Se poi valutassimo con assennatezza alcuni risultati dei pronunciamenti referendari, che si sono registrati nel corso degli ultimi decenni, a cominciare da quello del 1974, sul divorzio, non potremmo assolutamente sottovalutare l’importanza di questo strumento di democrazia diretta.
Certo, qualche riflessione ponderata sull’istituto referendario, per come è previsto dalle nostre leggi e per come, spesso, è stato usato, non sarebbe sbagliato farla, ma si tratterebbe di una cosa ben diversa dalle losche manovre, che la maggioranza  di governo (?) sta mettendo in campo, per vanificare il pronunciamento popolare del prossimo 12 e 13 giugno, su temi di grande importanza, quali sono le centrali nucleari, la privatizzazione della gestione dell’acqua e il legittimo (?) impedimento per il premier, nei processi che lo riguardano.
Queste manovre sono veramente sporche e sconcertanti, non solo per gli obiettivi immediati, che stanno alla loro base e che riguardano gli interessi personali di Berlusconi, ma anche per il danno che possono fare all’istituto del referendum, nel caso non si riesca a raggiungere, ancora una volta, il quorum degli elettori, previsto dalla legge.
Il fatto grave, anzi gravissimo, è che a calpestare questo importante strumento di democrazia diretta sono proprio quei populisti di professione, che, continuamente e a sproposito, a difesa del loro mercanteggiamento di parlamentari e sostenitori, invocano il voto popolare che ha dato loro la maggioranza. Il voto popolare, dunque, quando fa comodo, viene invocato ed esaltato, a più non posso ed anche in maniera impropria e falsata, quando, invece, può dare fastidio, viene bistrattato e calpestato.
E così, prima ci è toccato assistere alla porcheria del non abbinamento del voto referendario con quello delle amministrative, con il conseguente dispendio di centinaia di milioni di euro ed ora ci tocca subire il trucco della finta modifica delle leggi riguardanti il nucleare e l’acqua, tendente a bloccare i rispettivi pronunciamenti referendari e rendere probabile il non raggiungimento del quorum nel referendum riguardante il legittimo impedimento, che è il vero obiettivo del berlusca.
Con gli uomini di governo, che scendono a questi livelli, siamo veramente nel letame!
A questo punto corre l’obbligo per tutte le persone di buon senso e amanti della democrazia di non cedere alla porcata in atto, ma di reagire con forza e determinazione, anzitutto per spiegare alle masse popolari lo stato delle cose e poi per convincerle ad andare a votare il 12 e 13 giugno, sia se rimarranno in piedi tutti i referendum programmati sia se dovesse rimanere solo quello del legittimo impedimento.
Bisogna bloccare l’attacco sporco e subdolo alla democrazia, nella consapevolezza che, senza un alt determinato a queste manovre, il processo politico, già devastante, potrebbe diventare non facilmente arrestabile.
La storia del ventennio fascista ce lo insegna.

lunedì 25 aprile 2011

LA POLITICA E’ ANDATA IN TILT


L’espressione “andare in tilt”, in genere, è riferita a strumenti elettrici ed elettronici, che si bloccano per eccesso di carico o per uso irregolare, ma, per analogia, può riguardare anche persone, enti e associazioni, che si impacciano per troppa confusione o scarso equilibrio.
L’espressione, oggi, si adatta, più che mai, alla politica, perché i suoi “gestori”, in larga maggioranza, ne hanno alterato le regole e le funzioni, per “giocare” a proprio piacimento.
E’ doloroso doverlo ammettere, ma sarebbe sbagliato chiudere gli occhi su una realtà molto evidente. D’altra parte, se non fosse così, non si spiegherebbe la perdita di credibilità dei politici e il conseguente aumento dell’astensione dal voto.
Questo stato di cose, purtroppo, non sta portando la società solo alla sfiducia e al disimpegno, ma anche ad uno sfrenato individualismo e ad un perverso qualunquismo, che, oltretutto, vengono anche, di proposito, alimentati dai detentori del potere.
Il “gioco”, però, in questa situazione, non può durare a lungo, perché la politica non è un flipper o un bigliardino, né un circo o teatrino per clown e barzellettieri, ma uno strumento indispensabile per la promozione civile e per la crescita sociale delle persone.
I vari berluscones non si facciano troppe illusioni: nel malessere diffuso nella società già si manifestano segnali di consapevolezza e germogli vitali, come dimostrano le tante manifestazioni, che partono dal basso, sulle problematiche più scottanti della vita civile.
 Prima o poi, le forze politiche, la scossa di queste iniziative la dovranno pur sentire! A quel punto non potranno fare a meno di riflettere sugli errori commessi e ridare una bussola alle proprie azioni, uscendo dalle improvvisazioni e dal personalismo di tipo feudale, che da troppo tempo ha caratterizzato la loro vita.
In questa prospettiva è necessario, però, dare subito qualche segnale di allerta:
-i peggiori arnesi che hanno contribuito, in maniera determinante, a mandare in tilt la buona politica, nell’avvio del nuovo scenario, saranno sicuramente i primi e i più abili a riciclarsi, per rimanere a galla e conservare le posizioni di potere;
-gli artefici della stagnazione politica e culturale dei partiti di opposizione si industrieranno con impegno, per apparire i nuovi profeti del rinnovamento e rimanere attaccati alle poltrone.
Nella segnalazione di questo pericolo non c’è alcuna mania a fare l’uccello del malaugurio, ma semplicemente la tendenza a valutare con freddezza quello che è avvenuto in questi ultimi anni. Chi sono i protagonisti della cosiddetta seconda repubblica?
Nelle file della maggioranza troviamo i peggiori arnesi del CAF, che hanno amplificato il vecchio scenario di “nani e ballerine” di craxiana memoria e nelle file di buona parte dell’opposizione troviamo tanti vecchi personaggi, che, per apparire grandi innovatori, si sono affannati a cambiare le sigle dei loro partiti e a scimmiottare gli avversari.
La storia ci ha detto che così le cose non vanno assolutamente bene!
Il tilt della politica potrà essere superato solo attraverso una rivoluzione culturale, ideale e progettuale, capace di coinvolgere e far partecipare consapevolmente le masse popolari.
A chi dice che questo ci riporterebbe alle ideologie, rispondo: ben vengano!

domenica 17 aprile 2011

TECNICA EVERSIVA


Il governo e la maggioranza che lo sostiene hanno ormai assunto l’aspetto di una corporazione eversiva: non c’è giorno, infatti, nel quale non si veda qualche esponente di questo schieramento politico che non sia impegnato a minare le fondamenta di qualche istituzione o a sporcare il percorso della storia nazionale 
Non si tratta più di iniziative estemporanee di questo o quel  personaggio, ma di una pratica puntigliosamente studiata, allo scopo di stravolgere non solo il sistema democratico, ma anche il modo di pensare della gente comune. Siamo quasi al clima del “boia chi molla”!
Altro che atteggiamenti folcloristici ed espressioni colorite!
Quello che sta avvenendo in Italia è fuori dalla norma e da ogni consuetudine, in quanto è risaputo che le forze di governo sono vincolate a difendere le istituzioni e le regole e non ad assumere comportamenti eversivi.
Certo, non è da escludere che una forza di governo possa e debba anche muoversi in direzione del rinnovamento e delle riforme istituzionali, ma una cosa è il processo riformatore, ben altra cosa è il calpestamento e l’infangamento quotidiano  di tutte le istituzioni.
Come si fa a non considerare figlio di una grande “faccia tosta” il tentativo di far passare come posizione riformatrice il comportamento di chi considera la Costituzione Italiana un fardello vecchio e fuori del tempo, il Presidente della Repubblica un intralcio, la Consulta un peso negativo, la Magistratura un covo di comunisti, che lavora contro il Paese, il Parlamento uno strumento che fa solo perdere tempo, la scuola pubblica un luogo diseducativo, la sanità pubblica una voragine mangiasoldi, ecc, ecc ?   
Come si fa a non rimanere sconcertati di fronte alle posizione di un ministro della Repubblica che qualifica la bandiera italiana come una pezza da usare nel cesso, che apostrofa come  “ladrona” la capitale del nostro Paese, che istiga i suoi sodali a uscire dai luoghi istituzionali nel momento in cui viene suonato l’inno nazionale, ecc, ecc?
Quale valutazione fare dell’azione di un ministro del lavoro che, invece di preoccuparsi del dramma della disoccupazione e del precariato, appare unicamente interessato a dividere il sindacato, a dare un colpo mortale al contratto nazionale dei lavoratori, a mettere in discussione l’art. 18 dello statuto , ecc, ecc?
Che dire del comportamento dei ministri che si danno un gran da fare per attaccare e demolire la scuola, la giustizia, la pubblica amministrazione, ecc, ecc?
Come si fa a non rimanere sconvolti rispetto al comportamento del ministro del tesoro, che, invece di perseguire gli evasori fiscali, non fa altro che mettere e far mettere le mani nelle tasche dei soli lavoratori a reddito fisso e pensionati?
 Naturalmente si potrebbe continuare a lungo nella rassegna delle nefandezze messe in atto da questi personaggi, ma, forse, è meglio riflettere sui guasti che questa tecnica destabilizzante determina, a catena.
Pensiamo, ad esempio, solo alla miriade di “trovate” di tanti amministratori nordisti e alla “chicca” di una Commissione di inchiesta sui testi scolastici di storia, proposta da alcuni  parlamentari del PDL.  Che bella(?) competizione con Casa Pound!
 Povera Italia!

venerdì 15 aprile 2011

A FIANCO DEI LAVORATORI PRECARI


Oggi, migliaia e migliaia di giovani precari scendono in piazza, in tutto il Paese, sotto lo slogan “il nostro tempo è adesso”: si ribellano all’instabilità, che sta bruciando il loro futuro.
Mi auguro che tutte le persone, dotate di un minimo di sensibilità e buon senso, trovino il modo di sostenere la sacrosanta lotta di questi giovani. Non si tratta solo di esprimere una doverosa comprensione e solidarietà nei confronti di persone costrette a vivere in una condizione di grave disagio, ma anche di assumere un impegno etico e civile per il futuro del Paese. E’ assolutamente inaccettabile, infatti, che circa un milione e 500 mila giovani siano condannati ad essere respinti dal mercato del lavoro, a vivere in condizioni paraschiavistiche, a non avere un salario stabile e una casa, a non potersi formare una famiglia, a non costruirsi una pensione per la vecchiaia.
Se poi a questi giovani aggiungiamo le centinaia di migliaia di persone, che sono costrette a vivere in cassa integrazione e i circa 50 mila laureati che, ogni anno, sono costretti a cercare lavoro all’estero, ci troviamo davanti ad uno scenario allucinante.
E tutto questo avviene mentre il 10 per cento delle famiglie italiane si è impadronito di circa il 50 per cento della ricchezza nazionale, i grandi manager, alla Marchionne…, e i conduttori televisivi, alla Vespa…, incassano decine di milioni di euro al mese,  il capo-satrapo del Governo spende centinaia di milioni, per farsi allietare le serate da veline e prostitute.
Che dire, poi, dei cento e più miliardi di euro di evasione fiscale all’anno da parte di profittatori di ogni tipo e degli altri cento e più miliardi di profitti accumulati annualmente dalla malavita organizzata?
In quale mondo siamo precipitati?
I patrioti della battaglia risorgimentale e resistenziale che, nelle settimane scorse abbiamo celebrato, si sacrificarono per una ben altra Italia!
La battaglia odierna dei precari e le lotte dei giorni e delle settimane scorse delle donne, dei lavoratori, degli studenti, del mondo della scuola e della cultura, dell’area della giustizia, delle forze dell’ordine, ecc, si riallacciano ai valori risorgimentali e resistenziali, perciò vanno sostenute con forza e determinazione. Non possiamo assumerci la responsabilità di contribuire allo sfascio del Paese, con la passività e l’indifferenza.
Il populismo dell’attuale classe dirigente e il qualunquismo della massa che la sostiene vanno combattuti con una rigorosa analisi critica della realtà, con una visione culturale chiara e alternativa, con progetti sociali concreti, con comportamenti morali ineccepibili.
Basta con le manovre e gli inciuci di palazzo, con le guerre personalistiche, con le diatribe formalistiche! 
Se la politica vuole riacquistare credibilità deve partire dalle battaglie vere delle persone in carne ed ossa, come quella in atto, in queste ore, da parte dei giovani precari.
Le forze di opposizione al governo del berlusca facciano uno sforzo di umiltà, si confrontino con i cittadini che soffrono, escano dalle stanze del potere, si calino quotidianamente nella realtà, si rapportino soprattutto al mondo giovanile, manifestandosi sempre come persone linde, pure e senza macchia.
Questa è la strada per l’alternativa e il futuro!

mercoledì 6 aprile 2011

CAMPARE ALLA GIORNATA


E’ sempre più alto, nel nostro Paese, il numero delle persone che sono costrette a campare alla giornata. Non si tratta di un modo di vivere felice e dignitoso, ma spesso, dopo un po’ di tempo, questa condizione, da molti, finisce per essere mentalmente accettata. E così le vittime di un sistema ingiusto cadono pure nella spocchiosa e sprezzante critica dei soggetti privilegiati di tale sistema, che, nei loro confronti, richiamano il motto latino “faber quisque suae fortunae” (ognuno è artefice del proprio destino).
Nei fatti, le cose stanno diversamente, ma il senso di sfiducia e la perdita di ogni spirito  d’iniziativa, che spesso caratterizza la vita di coloro che tirano avanti alla giornata, dà un senso a quelle critiche.
Ma il paradosso più grosso non sta tanto nel camuffamento delle responsabilità, insito negli spocchiosi giudizi critici, quanto piuttosto nella scelta sistematica del potere dominante di annullare, anche attraverso le istituzioni democratiche, ogni azione programmatrice, capace di indicare una prospettiva e stimolare l’iniziativa e l’impegno di tutti, facendoli uscire dallo stato vegetativo.
Il sistema politico italiano, dalla stagione del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) a quella attuale del BBT (Berlusconi-Bossi-Tremonti) ha sostanzialmente annientato lo spirito programmatore delle istituzioni, teso a costruire il futuro del Paese, per sostituirlo con il culto del “particulare”, a beneficio della casta.
Tutto ormai ruota attorno alla più spregiudicata gestione del potere, al mercato delle poltrone, alla più sfrontata ricerca dell’impunità, alla conquista sporca del consenso.
Nella gestione del potere quasi nessuna attenzione viene riservata alla programmazione strategica, tendente a superare il contingente e a gettare le basi per un futuro migliore, perché a prevalere sono gli interessi particolaristici, le finalità propagandistiche e pubblicitarie, i calcoli elettorali. Al patrimonio delle idee e dei valori si è sostituita la pratica mercantile.
Basta osservare con un minimo di attenzione tutto il processo governativo e amministrativo degli enti, a tutti i livelli, per rendersene subito conto.
Basta seguire in maniera non distratta la rassegna stampa quotidiana e i notiziari televisivi, nazionali e locali, per rimanere sconcertati.
E’ naturale che un andazzo politico di questo tipo faccia precipitare il Paese nella precarietà, nella insicurezza, nella perdita di ogni prospettiva positiva, con conseguenze disastrose per i più deboli e riflessi penalizzanti per la maggioranza dei cittadini, a cominciare da quelli più giovani. Il campare alla giornata, in questo quadro, diventa un sistema alquanto diffuso, con ricadute nefaste nel modo di pensare dell’intera comunità.
La storia della nostra penisola è piena di stagioni di questo tipo, di volta in volta felicemente superate, ma, oggi, con il sistema informativo e mediatico largamente asservito alle manie nevrotiche, pubblicitarie e propagandistiche del berlusca si corre il pericolo di precipitare in una via di non ritorno.
Bisogna sapere, infatti, che quando la politica cessa di essere un viatico edificante e di crescita civile, uno strumento di ricerca, di confronto e di partecipazione sociale, una bussola di orientamento, per diventare agenzia mercantile, sensale di affari e predellino pubblicitario, ogni essere umano, privo di potere e di mezzi, rischia di cadere nella più assoluta precarietà e cioè nel “campare alla giornata”.