sabato 26 marzo 2011

QUANDO SI AMMAZZA IL FUTURO


Il sistema economico, politico e sociale del nostro Paese sta ammazzando il futuro dei giovani.
Per le nuove generazioni niente è certo e sicuro, tutto sta diventando aleatorio.
L’orizzonte è nebbioso ed oscuro e ogni bussola è stata infranta.
In questo triste scenario si trova la grande massa dei giovani. Fuori di esso si trova solo la cerchia ristretta di quelli che, nel passato, venivano definiti “figli di papà”. A sopravvivere riescono i pochi giovani che hanno la fortuna di avere nonni pensionati e genitori con un minimo di reddito.
Lo spirito di sacrificio, le capacità, i meriti servono a poco; ciò che conta è l’appartenenza al sistema di potere dominante, alle lobby, alle corporazioni.
Qualche beneficio lo fa acquisire lo spirito servile, che comporta, però, la perdita di ogni dignità etica e civile.   
Il feudalesimo del XXI secolo, come si vede, non è molto diverso da quello del IX e X secolo:
diverse  sono le espressioni verbali che descrivono i rapporti di potere, ma, in sostanza, la villa, il potere di banno, l’immunità  del signore e la commendatio, l’atto di omaggio, i benefici dei fedeli servitori sono pressoché identici.
Questo sistema, impersonato, da più di 15 anni, dal Berlusca e dai suoi vassalli, sta  distruggendo il sistema democratico, nato con la Resistenza, sta affossando la cultura e il senso civico e morale degli Italiani, sta indebolendo il sistema economico,  sta, soprattutto, ammazzando il futuro delle nuove generazioni. Nell’uso spregiudicato del potere, ogni limite è stato abbondantemente superato.
Rispetto a questo stato di cose servono a poco le belle parole e le prediche dei cittadini singoli, non allineati, non hanno senso le manovre e le tattiche istituzionali delle forze (?) di opposizione, hanno scarsa incidenza persino le manifestazioni sacrosante, ma estemporanee, della cosiddetta società civile. Dal pantano -fa male al cuore dirlo- non si esce senza una rottura traumatica della situazione. Ce lo insegna la storia.
Ma perché la rottura traumatica non faccia precipitare ancor più le cose è necessario che essa sia promossa non dal senso avventuristico di qualche populista, né dagli opportunisti riciclati e neppure dalla disperazione cieca, ma da una grande idea alternativa, da una robusta cultura, da valori e progetti sani e solidali. Anche questo ce lo insegna la storia.
Nella società e soprattutto nel mondo giovanile le energie positive per questa rivoluzione ci sono. Lo dimostrano la fioritura di tante associazioni e iniziative solidaristiche e volontaristiche e la tenacia resistenziale di milioni di ragazze e ragazzi, che non cedono alle lusinghe e non si piegano.
Il magma sociale, prodotto dal sistema di potere imperante, attraverso l’informazione manipolata, il clientelismo, il consumismo e l’individualismo, ostacola l’aggregazione delle energie sane e pulite e penalizza ogni pensiero progressista e innovatore, ma ogni cosa ha un limite.
Non ce lo dice solo la storia, ce lo fanno vedere anche le vicende che stanno sconvolgendo 
i Paesi del Nord Africa.
Forza giovani, unite le vostre energie e prendete a calci nel sedere i feudatari, i trasformisti e i falsi innovatori, che stanno ammazzando il vostro futuro.

domenica 20 marzo 2011

L’ITALIA TRA BOSSI E MICCICHE’


Le manifestazioni celebrative del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che hanno coinvolto sentimentalmente e mentalmente milioni di persone, sono state guastate dal comportamento rozzo e truce della Lega Nord, che occupa un posto determinante nel governo del Paese.
Tutti i ricordi, gli sforzi riflessivi, i bei propositi, riguardanti il nostro “bel paese”, sono stati sporcati da parole e azioni riprovevoli, provenienti dall’agglomerato di potere leghista.
Al di là di ogni valutazione che si possa fare sul processo unitario del nostro Paese, prima e dopo il raggiungimento dell’unità nazionale, credo che gli atteggiamenti disfattisti dei leghisti vadano condannati, senza mezzi termini, per la loro rozzezza e pericolosità.
Ciò che serve all’Italia non è una politica disgregante, ma unificante e solidaristica, capace di correggere gli errori, i ritardi, le storture, gli egoismi territoriali e sociali. Ma una politica di questo tipo non ha bisogno di corporazioni localistiche e particolaristiche, bensì di forze politiche, animate da uno spirito unitario, capaci di farsi carico dei problemi ancora irrisolti, nello spirito del dettato costituzionale e della visione europea.
La politica antimeridionalistica e separatista della Lega Nord va combattuta con decisione, ma non attraverso la contrapposizione finta di una sorta di Lega Sud.
Una prospettiva di questo tipo può anche suscitare un certo fascino, ma costituirebbe sicuramente un pericolo grandissimo per la tenuta unitaria del Paese, sia sotto l’aspetto politico che culturale e umano. Se, poi, a farsi promotori di formazioni politiche sudiste sono personaggi, che da anni gozzovigliano con Bossi, avallandone tutte le rapine, a danno del Mezzogiorno, sprofondiamo veramente nel paradosso.
Che cosa c’è da aspettarsi da un partito del Sud, promosso da un personaggio come l’on. Micciché, con altri personaggi dello stesso tipo e con l’auspicio dello stesso Berlusca?
Nelle istituzioni si riproporrebbero tutti gli accordi malefici e le spartizioni di potere, tra i peggiori arnesi del Nord e del Sud, come avviene da anni, e, fuori dalle stanze del potere, a livello periferico e nei gangli sprovveduti della società, si determinerebbero certamente rapporti astiosi e, forse, anche violenti.
A questi personaggi sembra che la storia non abbia insegnato proprio niente: i loro calcoli carrieristici e di potere richiamano alla mente il comportamento dei signorotti degli staterelli preunitari, che con le loro manovre ed azioni non solo ostacolarono e ritardarono il processo unitario del Paese, ma lasciarono anche una triste e brutta eredità all’Italia unificata.
A sconfiggere l’ottusa ed egoistica resistenza di quei personaggi fu anzitutto lo spirito nazionale della migliore e secolare cultura della penisola, che spinse tanti giovani patrioti a sacrificarsi per la causa risorgimentale.
E’ proprio quello che serve, anche oggi, per battere il localismo egoistico e le lobby del potere personalistico e corporativo e correggere gli errori, i difetti e i guasti del processo unitario.
La storia da percorrere è completamente opposta a quella proposta dai vari Bossi e Micciché.  Lo spirito dialettico, anche aspro, ma sempre unificante, degli eroi risorgimentali e dei padri costituenti sia di esempio.  Solo così è possibile uscire dalla narcosi berlusconiana e non cadere in balìa delle logiche leghiste.

domenica 13 marzo 2011

A PROPOSITO DI CAPANNONI VUOTI


Il nuovo presidente degli industriali irpini, Sabino Basso, intervenendo nel dibattito sul patto per lo sviluppo, ha lanciato la proposta di cedere alle imprese, ad un prezzo simbolico o addirittura  gratuitamente, i capannoni dismessi e liberi, partendo dalle aree ASI.
La proposta del presidente Basso ad alcuni è apparsa una provocazione, ad altri una indicazione seria ed utile, per il rilancio dell’economia irpina.
Personalmente, avendo fatto da almeno cinque anni, ripetutamente, una proposta di questo tipo, la ritengo degna di grande attenzione e considerazione.
Non si tratta, infatti, di fare un regalo agli imprenditori, ma semplicemente di mettere al servizio della comunità delle strutture, per le quali sono stati spesi molti soldi pubblici.
So bene che non è facile superare vincoli restrittivi e norme ostative, ma so altrettanto bene
-che in altri Paesi europei sono pienamente in atto benefici e agevolazioni di questo tipo;
-che molti imprenditori del centro-nord, a pari condizioni, sono disponibili a investire da noi, anziché spostarsi all’estero;
-che è un delitto tenere vuoti dei capannoni che sono costati tanti soldi, mentre il nostro territorio, a causa della disoccupazione, procede speditamente verso la desertificazione umana;
-che è compito della politica operare per superare tutti gli ostacoli e non stare a guardare passivamente.   
Nel dire queste cose non ritengo di parlare a vanvera, perché, sia nello svolgimento della mia funzione senatoriale che da semplice cittadino, in pensione, ho speso molte energie sul problema, acquisendo qualche esperienza.
Il manager Nicola Olivieri, attivamente sostenuto dal sottoscritto, ha portato nel nostro territorio decine di imprenditori, investendo tutte le istituzioni possibili, senza alcun pregiudizio politico, ma  abbiamo trovato solo disponibilità verbali ed effimere e mai aperture vere e concrete.
E così alcuni di questi imprenditori sono andati all’estero, in Spagna, Slovenia, Svizzera…  Confesso che uno dei motivi che mi hanno spinto al ritiro da ogni militanza politica è stato proprio quello di aver trovato su questo terreno, nei fatti, una sordità assoluta, a tutti i livelli.
Intanto il processo di degrado del nostro territorio avanza e, a questo ritmo, entro 4-5 anni, in buona parte dei comuni irpini saranno chiuse le scuole primarie, gli uffici postali, le guardie mediche, per la crisi delle nascite e la riduzione drastica della popolazione.
Dopo la chiusura degli ospedali ci sarà la soppressione dei tribunali e di ogni tipo di ufficio. Alle attuali discariche di rifiuti si aggiungeranno altre discariche.
Le fabbriche che ancora vivacchiano magari saranno sostituite da qualche centrale nucleare.
Se non cambieranno rapidamente le cose questo scenario diventerà realtà amara e difficilmente arrestabile.
Ecco, allora, la necessità di prendere seriamente in considerazione la proposta del presidente Basso e di aprire un serio confronto, anche polemico, ma costruttivo.
Anziché fare chiacchiere su questioni fantomatiche e posti di potere  è giusto intervenire con determinazione sul terreno del lavoro, della produzione, della valorizzazione delle nostre risorse e potenzialità produttive, dell’utilizzo di tutte le strutture disponibili.
Bisogna, una buona volta, rendersi conto che, senza lavoro e produzione di beni, non c’è alcuna prospettiva positiva per la nostra terra. 

domenica 6 marzo 2011

LA MANNAIA LEGHISTA SUL MEZZOGIORNO


Mercoledì sera, in Parlamento, si è svolta l’ennesima sceneggiata sul federalismo municipale:
i governanti (?), a cominciare dal capo istrione, con fazzoletti verdi al taschino e con bandiere dei “popoli del Nord” sventolanti, hanno chiesto ed ottenuto la fiducia non su di provvedimento legislativo ma su uno spot pubblicitario, qual è stata la relazione del ministro Calderoli. Nei prossimi mesi ci saranno altre repliche della sceneggiata, sul federalismo provinciale e regionale e sugli effettivi decreti attuativi.
L’attività dei nostri governanti (?) rassomiglia, ormai, sempre più a quella dei venditori ambulanti, che, nei mercati e nelle fiere, strillano per richiamare l’attenzione degli acquirenti e per appioppare loro merce di scarsa qualità. Nei mercati e nelle fiere tutto rientra nella logica dell’attività. In Parlamento le cose dovrebbero andare diversamente, nella logica delle regole istituzionali e del rigore civico.
A colpire e far preoccupare le persone di buon senso, amanti del Mezzogiorno ed anche dell’intero Paese, non dovrebbe essere, però, soltanto la parte scenografica e pubblicitaria dell’intera vicenda, ma anche l’aspetto pasticciato dei provvedimenti e, ancora di più, lo spirito divisorio ed egoistico che li caratterizza.
Il federalismo che il centrodestra berlusconiano e leghista sta predisponendo, nei fatti, calpesterà i principi fondamentali della Costituzione, straccerà la tenuta unitaria del Paese, annienterà ogni principio di uguaglianza tra i cittadini, svuoterà le tasche degli Italiani onesti.
L’impianto del provvedimento porterà inevitabilmente gli enti del Nord a spendere di più e gli enti del Sud a tartassare di più i cittadini, per servizi sempre più striminziti.
Sotto la spinta dell’attuale maggioranza (?) governativa, l’Italia ha intrapreso un percorso storico all’indietro :
-il federalismo non è più il processo unitario più adeguato per territori divisi, ma un percorso politico semisecessionista tra realtà, che fanno parte di uno Stato unitario, da 150 anni:
- il federalismo municipale ci riporta, in qualche modo, alla realtà comunale del XII-XIII secolo, con la grande differenza che, allora, i Comuni esprimevano rivendicazioni cittadine nei confronti dei signori feudatari ed oggi, invece, sono i “feudatari” di turno a condannare le realtà municipali all’isolamento localistico ;
- il processo politico di quei secoli fece avanzare gli Italiani sul terreno democratico, economico e, soprattutto, culturale, quello di oggi, invece, produce solo guasti.
Rispetto a questo quadro non mi sembra, invero, che ci sia una seria e consapevole attenzione né da parte delle forze politiche né da parte della cosiddetta società civile: in quasi tutte le posizioni prevale la superficialità oppure il calcolo opportunistico e manovriero.
Sconvolgente è soprattutto il comportamento della classe dirigente (?) meridionale, che sembra proprio incapace di cogliere la portata devastante del percorso portato avanti dalla Lega e dal governo. A questo punto sinceramente non riesco proprio a comprendere come sia possibile che i rappresentanti parlamentari del Mezzogiorno, che spesso si pavoneggiano con sigle sudiste, avallino tutte le porcherie bossiane e calderoliane.
Che altro si aspetta per reagire?
Sarebbe veramente interessante che qualcuno promuovesse sul federalismo un confronto tra tutti i rappresentanti istituzionali del nostro territorio, per capire se si sono resi conto di quello che sta succedendo.