Negli ultimi anni, soprattutto per effetto del mercato
globalizzato, in Italia ed in buona parte dell’occidente, molte fabbriche,
ovvero molte aziende industriali, sono entrate in crisi, creando drammatici
problemi sociali.
In compenso- si fa per dire- vanno per la maggiore le
fabbriche dell’ignoranza, dell’illegalità e del malaffare, che producono
altrettanti guasti.
Uscendo dal linguaggio figurato, possiamo dire, con
certezza, di vivere in una fase storica caratterizzata da spasmodiche
contraddizioni, che, però, si intrecciano e si motivano.
In questo quadro, la società globale sarà sempre più
fortemente divisa in classi e ci porterà irrimediabilmente, per dirla con le
parole del professore Marc Augé, verso una “oligarchia planetaria”.
Tutto ciò non è altro che il prodotto dell’intreccio
vergognoso tra lo svuotamento del sistema produttivo basato sul rispetto dei
diritti e il trionfo delle fabbriche dell’illegalità, del malaffare e
dell’ignoranza.
L’aumento vertiginoso del divario in atto tra ricchi e
poveri, infatti, è figlio di un meccanismo non funzionante della distribuzione
della ricchezza, ma anche, simultaneamente, il prodotto di un processo volto a
portare alcuni alla punta del “sapere” utilitaristico e a lasciare i più nella
prigione dell’ignoranza.
L’Italia berlusconiana ha assunto, su questo terreno, un
aspetto emblematico:
-un numero ristretto di personaggi, a cominciare dal capo
del governo, si arricchisce sempre di più e centinaia di migliaia di famiglie
cadono nella miseria;
-centinaia e centinaia di aziende chiudono perché i loro
titolari scelgono di trasferire la produzione all’estero o di investire i
profitti realizzati in attività speculative;
-le istituzioni vengono sistematicamente private
dell’ossigeno democratico, per essere appaltate alle cricche malavitose e alle
caste del potere;
-la TV viene sempre più privata del compito informativo e
formativo, per essere trasformata in fabbrica di ignoranza;
-la scuola, l’università, i centri di ricerca, le
istituzioni artistiche vengono continuamente defraudate delle necessarie
risorse finanziarie, perché perdano la funzione promozionale;
- la partecipazione dei cittadini alla vita democratica e
alle decisioni fondamentali viene scientificamente vanificata e annullata, perché
lo Stato assuma l’aspetto di un’ azienda privata.
Non credo che ci sia bisogno di continuare nella rassegna
delle storture, che stanno facendo precipitare il Paese non solo in un grave
squilibrio economico, ma anche e soprattutto nel degrado civile, etico e
mentale.
Chi vuole salvare l’Italia dal baratro deve sapere che,
accanto ad una svolta politica radicale, serve una profonda rivoluzione
culturale.
Bisogna lavorare intensamente per bloccare e chiudere le fabbriche
dell’ignoranza, dell’illegalità, della corruzione e del malaffare e per
alimentare e sostenere le fabbriche produttive di beni, di conoscenza e di
risanamento etico e civile.
Bisogna rovesciare l’intreccio, per ridare alla conoscenza,
alla morale e al senso civico il ruolo di motori propulsivi e regolatori del
sistema economico e sociale.
L’economia globalizzata richiede una grande capacità
competitiva ma, per possederla, occorre potenziare la conoscenza, la tecnica,
la qualità, il rigore.
Lo stesso discorso vale per la politica: il centrosinistra, per
competere vittoriosamente con il Berlusca, non deve rincorrere il Villari o il
Calearo di turno, ma prospettare una visione alternativa della società.