venerdì 30 settembre 2011

IL TEMPO E’ SCADUTO


L’on. Di Pietro, in riferimento agli scenari politici, che caratterizzano l’attuale vita del nostro Paese, ha detto:
“Prima che ci scappi il morto, mandiamo a casa questo governo”.
Rispetto a questa espressione, sia da parte della maggioranza che dell’opposizione, ci sono state reazioni negative e dure.
Il linguaggio dell’on. Di Pietro, anche in questa occasione, come spesso accade, è apparso sopra le righe e tale da suscitare qualche preoccupazione, ma, onestamente, è difficile disconoscere, in queste sue parole, la rappresentazione di una realtà effettivamente piena di pericoli.
Si può anche non essere d’accordo con tale frase, ma più che mettersi a disquisire sul linguaggio dell’on. Di Pietro, mi sembra opportuno e giusto che tutti si soffermino a riflettere seriamente sui pericoli reali, insiti nella drammatica situazione che l’Italia sta vivendo.
La storia ci dice abbondantemente che, in situazioni di questo tipo, sono possibili e probabili rivolte sociali incontrollabili, ribellioni senza freno, atti sconsiderati.
O vogliamo far finta di non vedere la disperazione che sta investendo centinaia di migliaia di famiglie, la sfiducia che si sta diffondendo nei confronti dello Stato e della politica, il senso di schifo che sta proliferando nella società, rispetto all’arroganza e sfacciataggine di tanti personaggi che detengono il potere?
Le proteste disperate che si registrano qui e là, i gesti eclatanti di lavoratori che, per ottenere attenzione, salgono su gru e tetti, i tanti suicidi di persone, che non reggono alla perdita del lavoro, non dicono niente?
Interroghiamoci su questi fenomeni e, forse, capiremo meglio quanto sia pericolosamente  minato il terreno nel quale viviamo.
E’ certo che i ribellismi esasperati ed i gesti disperati non risolvono i problemi -  anche questo ce lo ha abbondantemente insegnato la storia – ma è altrettanto certo che la disperazione può portare ad azioni inconsulte.
Mettiamoci nei panni del laureato, che non riesce a trovare nessun lavoro e che, per poter percepire, per qualche mese, qualche centinaia di euro è costretto a prostituirsi mentalmente e, spesso, anche fisicamente.
Pensiamo un poco al padre o alla madre di famiglia, che per la perdita del lavoro, non può più mettere il piatto a tavola, pagare il fitto della casa, comprare i libri per i figli.
Immaginiamo, poi, queste persone, davanti al televisore, ad ascoltare le notizie riguardanti
- il premier, che spende centinaia e centinaia di euro per foraggiare le escort,
- certi personaggi politici, che spendono decine di milioni per ristrutturare ville lussuose,
- i manager che prendono centinaia di milioni di euro, anche se mandano in fallimento l’azienda che dirigono, ecc, ecc.
E’ inutile continuare nella rassegna delle porcherie che si stanno consumando nel nostro Paese: stanno sotto gli occhi di tutti e non le vede solo chi non le vuole vedere.
Il tempo del sicuro autocontrollo è scaduto: tutto comincia ad essere possibile.
Di Pietro ha solo evidenziato questo clima.   
Tutte le persone che amano veramente il Paese sono chiamate, prima che sia troppo tardi, a dare il loro contributo, per evitare la catastrofe.
Sia d’esempio ciò che avvenne dopo il 25 luglio e l’8 settembre del 1943.

venerdì 23 settembre 2011

IN BALIA DELLO TSUNAMI


Tutta l’Italia sembra essere in balia di un devastante tsunami, promosso non da un maremoto ma dal sistema economico e politico dominante.
In prima linea, rispetto a questo distruttivo fenomeno, sono il mondo del lavoro, i giovani e il Mezzogiorno.
L’Irpinia ne sa qualcosa, perché sta già pagando pesantemente i peggiori effetti del vortice.
Nella storia repubblicana, il nostro Paese non aveva mai vissuto una fase così triste e nera.
Il tutto avviene, perché padroni e satrapi della peggiore specie hanno perso ogni senso della misura, nella ricerca egoistica e smisurata dei proprio tornaconto, in danno  della comunità e in dispregio di ogni regola civile e morale.
So che a qualcuno questa rappresentazione della realtà può anche apparire apocalittica, ma credo che basti guardarsi attorno con un minimo di senso critico e capacità analitica, per avere la percezione della gravità della situazione.
Che cosa sta succedendo nel nostro territorio?
Le fabbriche vengono chiuse, gli ospedali vengono smantellati, i tribunali vengono soppressi, le scuole vengono impoverite, i servizi vengono ridotti o falcidiati, i diritti vengono calpestati, le risorse naturali e produttive vengono defraudate, ecc.
Che altro deve succedere, perché si riconosca lo stato di sfascio a cui è esposta la nostra terra?
Dove si deve arrivare, affinché la classe dirigente (?) irpina la smetta di fare sceneggiate mediatiche e si assuma le proprie responsabilità?
La drammatica vicenda della IRISBUS dà la prova evidente della debolezza e inconsistenza di questa corporazione, rispetto allo tsunami che ha investito il nostro territorio.
Marchionne finora è rimasto fermo sulle sue posizioni, per niente disturbato dalle sceneggiate del nostro ceto politico, come il ragno che resta tranquillamente a poltrire nel suo buco, rispetto ad un personale di pulizia inefficiente.
Eppure bastava che i nostri rappresentanti istituzionali di maggioranza, per il peso che il loro voto può avere nei momenti cruciali, battessero, una volta tanto, i pugni sul tavolo, per essere ascoltati. Perché non lo hanno fatto?  “L’ardua sentenza” la lasciamo ai posteri?
Una cosa è certa! Di questo passo, il nostro territorio sarà trasformato in un grande serbatoio di immondizia e andrà incontro ad una drastica desertificazione antropica.
Oggi, demagogicamente e in maniera improvvisata, si parla di abolizione delle province. Immaginiamo, per un istante, che cosa succederebbe alle zone interne se si verificasse questa prospettiva. Chi vivrà nei prossimi decenni ne vedrà delle belle! Altro che riduzione della spesa!
A questo punto, grazie all’esperienza politica e di vita, mi permetto di chiedere alle forze di opposizione e segnatamente di sinistra di smetterla di pensare alle poltrone e di inseguire superficialmente il nuovismo.
All’Italia, al Mezzogiorno e alle nostre terre serve ben altro!
Basta con la proliferazione delle sigle, basta con le manovre, basta con i piccoli aggiustamenti!
Si torni alla vera e alla buona politica, basata su grandi idee e progetti, solidi valori e sani comportamenti.
Si torni tra la gente in carne ed ossa, per interpretarne e rappresentarne i bisogni e le buone aspirazioni.
Si costituisca insieme un argine solido allo tsunami che ci sta travolgendo e per costruire una società più giusta ed egualitaria.

domenica 11 settembre 2011

SERVE UN NUOVO AUTUNNO CALDO


Sulla grande stagione di lotte operaie e studentesche del 1969, ricordata con l’espressione
Autunno caldo”, sono state dette molte cose, di diverso tipo: per gran parte del mondo imprenditoriale fu “una ventata di follia”, per gli storici del movimento operaio fu “una spinta epocale a cambiare la società”.
In realtà, quella stagione ha rappresentato, per il nostro Paese, l’avvio di un percorso di grandi conquiste civili e sociali, a cominciare dallo “Statuto dei lavoratori”, che né la marcia dei quarantamila a Torino, né la strage di Piazza Fontana del dicembre 1969, né gli eventi criminosi degli anni di piombo riuscirono a bloccare.
Oggi, il governo Berlusconi, approfittando della crisi economica, determinata interamente dai poteri forti e dalla politica liberista, spregiudicata e senza regole, sta tentando di cancellare tutti i diritti, faticosamente conquistati da quelle lotte.
Buona parte dei ministri in carica sembrano essere animati solo da odiosi risentimenti e dall’unico intento di cancellare i diritti acquisiti dai lavoratori.
Pensiamo, ad esempio, a quello che sta combinando il ministro Sacconi con l’art. 8 della manovra, che non ha assolutamente niente a che fare con il risanamento dei conti!
Dopo l’autunno caldo, negli anni ‘’70, il mondo del lavoro e della cultura e la buona Politica, a cominciare da quella di Sinistra, seppero reagire con intelligenza, forza e tenacia alle violente e losche manovre dei poteri forti e voraci.
Perché oggi, pur essendo presenti nella società tante energie consapevoli dello stato delle cose, non si riesce a trovare la quadra politica, sociale e culturale, per fronteggiare questi distruttori della crescita ed emancipazione sociale?
La spiegazione di questo fenomeno, a mio parere, sta, anzitutto, nell’ideologismo sempre più chiuso, pesante e superattivo della destra conservatrice, a fronte dello squinternamento  di tutte le ideologie progressiste.
Questa destra, a tutti i livelli geografici, ma soprattutto in Italia, grazie al potere economico e mediatico, questa volta, ha fatto un lavoro preventivo e puntiglioso, minando, nella società, il senso civico, l’etica civile e il senso dello Stato e consolidando, a proprio beneficio, il sistema di potere.
 Tramite la P2, P3, P4  e mille altri reti asfissianti, ha occupato tutti i gangli dello Stato, egemonizzando mentalmente buona parte della società e squalificando l’intero sistema politico.
Questo sistema, impersonato in Italia da Berlusconi, non è facile sconfiggerlo!
Può anche scadere nel sentire quotidiano delle persone sane, per effetto dell’eccesso di presunzione, delle manie di onnipotenza, delle derive morali del capo e degli accoliti, ma, dobbiamo sapere che può continuare a creare guasti sempre peggiori.
Ecco la necessità assoluta di rendersi conto della gravità della situazione e di mettere in campo un movimento politico e di lotta, ideologicamente alternativo, socialmente robusto,  moralmente ineccepibile.
Prima che sia troppo tardi, serve un nuovo autunno caldo, capace di fare da guida e dare ossigeno alle lotte dei lavoratori, delle donne, del popolo viola, degli studenti, del mondo della cultura, degli indignati, ecc.
Bisogna uscire dalla dispersione e perseguire un mondo radicalmente diverso e una visione della vita chiaramente alternativa a quella imposta dal berlusconismo. 

C’E’ ANCORA QUALCUNO A CUI INTERESSA IL SUD ?


“Caro Angelo
anche oggi, come succede quasi tutti i giorni, ho ricevuto delle telefonate da persone della tua terra, per chiedermi cosa si possa fare per fronteggiare la crisi industriale.  
Nelle telefonate riscontro, sempre più, sconforto e sfiducia; infatti tutti quelli che mi contattano descrivono una situazione di sostanziale inerzia del sistema politico, caratterizzato solo da sterili teatrini, privi di concretezza.
La chiusura della IRISBUS viene sentita da tutti come una vicenda devastante.
Credo, purtroppo, che la loro sensazione sia più che fondata. In mancanza di una strategia completamente diversa, rispetto a quella passata, tutto rischia di andare a rotoli.
Non posso, pertanto, non ricordare  con rammarico le tante iniziative che, da sette anni, ho portato avanti, assieme a te e a tanti altri, per tentare di allocare piccole industrie del nord nella vostra terra. Era la strada giusta.
Tante sono state le persone e le istituzioni a cui ho sottoposto  9 punti di sviluppo industriale e 5 punti di sviluppo turistico, per l’Irpinia e la Campania.
Tanti sono stati gli imprenditori che hanno manifestato concreto interesse di investimenti, in Irpinia, senza chiedere finanziamenti ma solo capannoni disponibili.
Perché sono andati a vuoto i tanti nostri sforzi? Molti dovrebbero chiederselo!
Mi auguro che, grazie all’impegno del Sindaco e di tanti altri che amano intensamente la loro terra, si concluda positivamente almeno  l’iniziativa in atto nel comune di Bisaccia.
Personalmente sono ancora disponibile a lavorare 24 ore al giorno per dare il mio contributo allo sviluppo del vostro territorio, senza essere frenato da alcuna remora politica, ma consentimi   di porti una domanda secca: C’è ancora qualcuno a cui interessa  il Sud ?
Ti abbraccio
Nicola Olivieri
Nel mentre mi accingevo a scrivere l’articolo settimanale per il Corriere ho ricevuto  dal manager Nicola Olivieri la lettera dianzi riportata.
Gli argomenti trattati nella lettera sono stati più volte esposti sulle pagine di questo giornale ed anche in altri luoghi.
Sento il bisogno di tornare sull’argomento perché la problematica in discussione, in presenza della crisi della IRISBUS e di tante altre aziende, è oltremodo attuale ed anche perché, a chiusura della lettera, il dottor Olivieri pone una domanda provocatoria: “c’è ancora qualcuno a cui interessa il Sud”?
Sento di rispondere che, da qualche anno, non individuo più alcun interesse del sistema politico imperante, nei confronti del Mezzogiorno. Aggiungo, inoltre, che gli stessi meridionali mi appaiono piuttosto rassegnati, passivi e conniventi.
La politica berlusconiana-leghista sta condannando il Mezzogiorno alla morte.
I parlamentari e tutti i rappresentanti istituzionale del Sud, che avallano tale politica, dovrebbero farsi un  severo esame di coscienza, prima di aprire bocca.
Rispetto alla crisi del sistema industriale irpino e meridionale, la strategia proposta dal dottor Olivieri è sicuramente quella giusta, in quanto servirebbe ad utilizzare tutto il nostro patrimonio di aree attrezzate e capannoni vuoti, ma, vista la sordità del sistema di potere imperante, non mi faccio molte illusioni.
Per cambiare le cose bisognerebbe rivoluzionare tutto il sistema e mandare a casa tutti i valvassini nullafacenti, che occupano le poltrone del potere.
E’ giunta l’ora di smetterla di leccare il sedere …

giovedì 1 settembre 2011

IL CLASSISMO IMPERANTE


La storia attuale sembra essere nuovamente caratterizzata da un classismo vorace, arrogante e dispotico dei ceti ricchi. Rispetto a questo andazzo odioso, non sarebbe sbagliato riscoprire e riproporre, in maniera adeguata ai  tempi, la marxiana lotta di classe, prima che la situazione precipiti irrimediabilmente.
I proletari, invocati da Marx, erano persone che non avevano altra ricchezza che la prole.
A scendere in campo, oggi, accanto ai proletari, dovrebbero essere anche quelli che non possono nemmeno permettersi di avere la ricchezza dei figli, cioè i tanti giovani che non hanno un lavoro.   
Come vogliamo chiamarle queste persone, costrette a vivere, fino a 30-40 anni, a spesa di genitori e nonni? “Familitari? Mammitari?, Papitari? Nonnitari “?
Ognuno faccia la scelta lessicale che vuole: importante è che tutte le vittime dell’attuale odioso classismo si uniscano, per riscattarsi e cambiare radicalmente il corso sociale e politico in atto.
La tendenza a far passare la lotta di classe come una cosa superata, per una presunta riduzione della distanza tra le classi sociali, è artificiosamente alimentata dai ceti dominanti, che traggono odiosi benefici proprio dal classismo più esasperato.
La realtà è ben diversa da quella che ci viene presentata: in questi ultimi anni gli squilibri nella distribuzione della ricchezza sono paurosamente aumentati, le disuguaglianze e le ingiustizie sono andate crescendo.
Per effetto della globalizzazione senza regole e del liberismo più sfrenato, tutti i diritti conquistati, attraverso dure lotte, nella seconda metà del Novecento, vengono continuamente messi in discussione e la politica appare sempre di più asservita ai poteri forti, che, spesso, per sfuggire ad ogni regola o condizionamento, scendono direttamente nel campo politico.
L’Italia berlusconiana ne è un esempio; la probabile discesa in campo di Montezemolo ne darebbe una ulteriore prova.
Questi poteri si sentono, ormai, così forti e onnipotenti da non sentire più nemmeno il bisogno di mascherare i loro insani appetiti.
Al vecchio colonialismo territoriale, annientato dal sentimento nazionale dei popoli sottomessi, si sta sostituendo il colonialismo delle multinazionali affaristiche, non meno spregiudicato e vessatorio di quello precedente.
Allo sfruttamento del capitalismo fordista si sta aggiungendo l’asservimento del capitalismo finanziario e mediatico.
Questo processo nefasto, in atto in tutto il mondo, in misura e forme diverse, nell’Italia berlusconiana ha assunto aspetti insopportabili.
Le manovre finanziarie, infatti, stanno dissanguando la parte più debole della società e stanno rimpolpando le tasche dei ricconi e degli speculatori.
Rispetto a questo processo nefasto la Sinistra non può abdicare alla sua funzione, limitandosi a proporre solo qualche aggiustamento.
Bisogna capire che questa strategia, al massimo, fa solo qualche solletico ai poteri forti.
Al classismo esasperato di questi soggetti bisogna rispondere con una lotta di classe altrettanto determinata.
Cara Sinistra, smettiamola con i cincischiamenti!
Riscopriamo i nostri valori e riattiviamo con decisione le nostre battaglie liberatrici!
Non si tratta di tornare indietro, quanto, piuttosto, di adeguare il nostro modo d’agire alle peggiori prevaricazioni dei potenti e ai nuovi bisogni delle classi deboli.
L’ingordigia dei padroni sta mettendo in pericolo la stessa vita sul pianeta terra.
Fermiamo questi famelici vampiri con una “lotta dura e senza paura”!

PAESE ALLO SBARAGLIO


L’Italia sembra essere un Paese allo sbaraglio: in ogni campo si procede a tentoni e senza bussola.  In questo quadro, una parte consistente della popolazione è costretta a vivere alla giornata e a tirare a campare.
Neanche gli altri Paesi occidentali, a cominciare dagli USA, se la passano bene.
In fondo, tutti questi Paesi raccolgono quello che hanno seminato: il mercato senza regole, la finanza senza freni, la divinizzazione del profitto e del denaro non potevano che produrre questi risultati.
Il tutto, dunque, non è sorto a caso. Il processo che ci ha portato allo sbaraglio è figlio di una strategia padronale, spesso, criminale, anche se può essere stato alterato da fattori non previsti.
In Italia, il processo è aggravato da un governo falso, screditato e raffazzonato, che, alla fine, induce gli osservatori e persino le opposizioni a fare valutazioni non pienamente corrispondenti alla realtà.
Si parla di un governo che brancola nel buio, che è confuso e diviso nelle scelte, che cerca di mettere solo toppe, ma, a mio parere, questi giudizi, pur fotografando quello che appare, non colgono in pieno il senso del percorso politico in atto.
Alla base dell’azione di governo c’è una strategia precisa e ben più grave:
Berlusconi e soci tendono a dividere il Paese dal punto di vista territoriale e sociale, si propongono di calpestare la Costituzione e riscrivere la storia della nazione, mirano a  calpestare tutti i diritti, manovrano per annullare le regole e l’etica civile, a favore dei poteri lobbistici e malavitosi, operano per affossare la democrazia.
In questo ventennio berlusconiano si è parlato a vanvera di superamento delle ideologie:
in realtà sono andate alla malora solo le ideologie progressiste e di sinistra, mentre si è  radicalizzata quella capitalistica, che, sotto vari aspetti, ha addirittura assunto connotati feudali e autoritari.
E questa involuzione ha investito non solo il campo politico, economico e sociale, ma anche, tramite i media asserviti, il sistema di vita quotidiano ed il modo di pensare delle persone. 
Ne è derivata una devastante egemonia “culturale” della peggiore destra, basata sulla cura degli interessi personali, sul libero arbitrio dei detentori del potere, sul calpestamento delle regole e della morale.
Allo sbaraglio sono stati messi i giovani, i lavoratori, i pensionati; allo sfascio rischia di essere mandato tutto il sistema produttivo e istituzionale.
Per rendersene conto basta esaminare le ultime manovre finanziarie: la crisi economico-finanziaria viene abilmente utilizzata, per colpire i soliti noti e smantellare il tessuto delle garanzie sociali, civili e democratiche.
Consapevoli del discredito in cui possono incorrere, i protagonisti di questo processo politico distruttivo mettono, allora, in opera, tramite i loro strumenti di informazione, uno stratagemma molto sofisticato, tendente a squalificare la politica nel suo complesso e a generare qualunquismo nell’opinione pubblica.
E così distraggono la popolazione, creando ulteriore confusione e sfiducia.
Si tratta, in poche parole, di metodi apparentemente meno violenti di quelli fascisti, ma altrettanto nefasti e distruttivi. In questo modo il Paese va allo sbaraglio e loro fanno affari.
Se non si capisce il senso di questa ideologia perversa non si costruirà nessuna alternativa.