domenica 29 gennaio 2012

AL PRESIDENTE MONTI


Egregio Professore, Senatore, Presidente,
la  sua “nomina” a capo del governo del Paese non mi ha entusiasmato, ma l’ho psicologicamente accettata, perché Ella, rispetto al berlusca,  tutto sommato, mi appare politicamente digeribile, oltre che professionalmente ed eticamente encomiabile.
Mi trovo nello stesso stato d’animo quando, nel corso delle vicende politiche quotidiane, sono portato a raffrontare la statura “politica”, professionale ed umana dei suoi ministri con quella dei predecessori.
Il ricordo di personaggi come Bossi, Calderoli, Sacconi, Gelmini, Tremonti, Brunetta, ecc, mi rende accettabili e persino simpatici i vari Passera, Fornero, Catricalà, Profumo, Clini, Barca, ecc, nonostante non si stiano facendo provvedimenti tanto convincenti, per la risoluzione dei problemi che abbiamo.
Non nego, tuttavia, che, in questo atteggiamento, possa riconoscersi un pizzico di istintività ed anche di irrazionalità.
Tutto ciò premesso, però, pensandoci bene, non posso fare a meno di esternare tutto il mio disagio e disappunto, di fronte al percorso politico di sostanziale continuità, che l’attuale governo, su molte questioni, sta perseguendo, rispetto a quello precedente.
Certo, non siamo più costretti ad ingoiare quotidianamente leggi ad personam, a subire attacchi sconsiderati al sistema costituzionale, a sopportare vessazioni odiose contro il  mondo del lavoro,  il mezzogiorno, la giustizia, l’istruzione, l’etica civile, il buon senso, ecc, ma si stenta ad uscire dalla logica del liberismo sfrenato e senza regole e dal sistema depressivo dell’ultra finanza.
Ricorrendo ad una immagine culinaria, possiamo dire che nel ristorante è cambiato il personale, sono state sostituite le posate, si è istaurato un diverso rapporto con gli avventori, ma le pietanze non differiscono molto da quelle della passata gestione.
Di questo passo- rimanendo nell’immagine- difficilmente il “ristorante” si salverà!
Ciò che serve, per evitare il fallimento, è un drastico e radicale cambiamento!
Per capirlo non bisogna essere un avveniristico rivoluzionario, basta esaminare con un minimo di attenzione i dati che quotidianamente ci fanno conoscere le agenzie statistiche, i centri di analisi economica, nazionali e internazionali, le istituzioni addette al monitoraggio dei processi economici e sociali.
Nel corso degli ultimi anni, l’ingordigia del capitalismo finanziario e parassita ha determinato squilibri insostenibili nella distribuzione della ricchezza, ha messo in crisi il sistema produttivo, ha causato l’indebitamento pubblico e privato.
In altre parole, il passaggio dal capitalismo industriale a quello finanziario, ha introdotto nella società logiche autodistruttive,in perfetta rispondenza alle intuizioni marxiane.
Per tirarsi fuori da questa crisi non bastano i palliativi, ci vogliono riforme profonde, rivoluzionarie, tendenti a ridistribuire la ricchezza in maniera equa nella società e ad indirizzare le risorse finanziarie verso le attività produttive.
Si tratta di una spinta alla lotta di classe? Si tratta di una riscoperta dei principi robespierriani, marxiani, leninisti?  Per quanto mi riguarda dico: Magari! 
La realtà è che senza interventi di serio e radicale cambiamento, non potrà esserci salvezza né per il nostro Paese né per l?Europa.
Coraggio, Presidente Monti! Finora Ella ha opportunamente frenato l’indebitamento  e ha ricostruito l’onorabilità dell’Italia in Europa. E’ giunta l’ora di fare scelte capaci di rilanciare la domanda e la redistribuzione! E’ giunta l’ora di colpire i magnati che ci hanno portato alla rovina!

venerdì 20 gennaio 2012

DI MALE IN PEGGIO


Due giorni fa la Corte Costituzionale ha bocciato il referendum sulla legge elettorale, definita Porcellum dal suo stesso ideatore, e la Camera dei Deputati, eletta-nominata proprio con quella legge, ha negato l’arresto dell’on. Cosentino, richiesto dai giudici di Napoli, per collusione con la malavita organizzata.
Si è trattato di due tegole pesanti, cadute sulla testa di quanti continuano a sperare nell’avvio di un processo di cambiamento, nella situazione politica italiana.
Si è trattato anche, però, di una boccata di ossigeno per quanti, a cominciare da Berlusconi, da alcune settimane si trovano in difficoltà, a seguito della caduta del loro governo.
Si può anche non dare grande valenza ai due fatti, ma il loro peso sui processi politi in corso nel Paese non può essere sottovalutato.
Il cammino auspicato dal nuovo governo, in direzione del risanamento economico, morale e politico, già molto difficile e accidentato, diventerà ancora più complicato.
In alcune forze politiche aumenteranno i disagi, i malesseri, le divisioni, in altre si intensificheranno le resistenze al cambiamento, le ripicche, le manovre ostative.
In una situazione di questo tipo sarebbe necessario che ci fosse uno scatto di risveglio e di senso civico, in tutta la società, per non sprofondare nella sfiducia e nella passività generale.
In mancanza di una presa di coscienza generale dello stato delle cose, dobbiamo sapere che 
tutta la qualità della vita andrà ulteriormente peggiorando.
Già siamo quotidianamente afflitti da notizie raccapriccianti di gesti disperati, inconsulti e violenti, determinati da un sistema di vita ingiusto, squilibrato e depressivo; se, a livello politico, si continua ad operare alla maniera degli ultimi decenni, le prospettive non saranno certamente rosee.
Il governo Monti, al di là di alcuni provvedimenti squilibrati e poco equi, ha fatto riacquistare all’Italia un po’ di credibilità, a livello europeo e mondiale, e questo è un fatto molto importante, ma non basta.
Al Paese non servono solo una ripresa economica e un riequilibrio sociale e territoriale, ma anche un risanamento morale e civile e una ricostruzione politica e culturale.
Dopo il Fascismo e la seconda guerra mondiale, il mondo della politica, della cultura, del lavoro, dell’imprenditoria, delle professioni, ecc, si diedero da fare intensamente, attraverso un’accesa dialettica ed un confronto serrato ed anche aspro, per ricostruire il Paese e ci riuscirono.
Oggi non stiamo nelle condizioni in cui stavamo nel 1945, ma non stiamo affatto bene, perché nell’ultimo ventennio, nella società, sono state seminate molte erbacce ed anche varie mine.
Servono interventi decisi e radicali in molti campi, ma serve anche cooperazione e capacità integrativa tra le parti in azione.
In altre occasioni ho parlato di “nuovo Umanesimo”, di “nuovo Illuminismo”, di “nuova Resistenza”, di “nuovo Socialismo”.
Ora, oltre a ribadire questo bisogno, sento di invocare  anche un impegno collettivo e di massa, in direzione del risanamento mentale e culturale, come presupposto indispensabile per ogni prospettiva di crescita del Paese.
Non servono demiurghi né “unti del Signore”, ma non si può fare a meno di uno sforzo collettivo e partecipato, impiantato sul rigore morale, sul rispetto reciproco, sulla solidità culturale.

domenica 1 gennaio 2012

PER UN NUOVO UMANESIMO


 Col termine umanesimo, nel nostro tempo, come è noto, si tende a rappresentare quella cultura e prassi di vita, che ha come fondamento e fine i valori umani, la dignità, la responsabilità e la libertà dell’uomo.
Altrettanto noto è che l’enunciato senso di questa parola deriva essenzialmente dal movimento culturale e di pensiero, che, tra il XIV e il XV secolo, attraverso lo studio della classicità, con nuovo spirito critico, rivalutò l’uomo e la natura, di contro al predominio dei valori ascetici e trascendenti del Medio Evo.
In quel tempo, il movimento umanistico, con le sue accademie, le sue scuole e università, i suoi cenacoli, le sue biblioteche, i suoi centri stampa, ecc, definì una nuova concezione dell’uomo, della vita e della realtà e, sia pure attraverso varie contraddizioni, gettò le basi di una profonda ed evolutiva ” rivoluzione culturale”.
E’ proprio quello che serve anche oggi, perché l’uomo ridiventi artefice del proprio destino, evitando di rimanere soffocato dalle tendenze “trascendenti” del denaro, del profitto, del consumismo, del mercato, dell’egoismo, ecc, ecc.
Non è ipotizzabile, infatti, un serio cambiamento politico e sociale, nella situazione attuale, in mancanza di un profondo rinnovamento culturale.
Le manovre tecniche e pragmatiche, gli aggiustamenti burocratici e gestionali, le pezze finanziarie e di bilancio, per risultare utili, hanno assoluto bisogno di un modello di vita diverso e di una visione del mondo alternativa.
E’ proprio per annebbiare questo bisogno che i costruttori del disastro economico e sociale,  soprattutto in Italia, hanno fatto di tutto per distruggere la scuola, affossare la ricerca, sradicare i fondamenti della cultura, a beneficio degli spettacoli passatempo,  del sondaggismo umorale, delle appariscenze mediatiche.
In questo clima di “bassa cultura” è stato facile diffondere il qualunquismo e il populismo e così i gestori del potere hanno avuto pressoché mano libera.
Ciò che colpisce è che, di fronte a questo stato di cose, le forze che si collocano formalmente all’opposizione non siano riuscite a cogliere fino in fondo le cause del processo disastroso e non abbiano fatto gli sforzi necessari per invertire la tendenza.
La perdita pesante di credibilità della politica sta tutta in questo andamento.
Considerato il punto a cui siamo arrivati, per imboccare una strada di salvezza, non bastano le posizioni nostalgiche né quelle superficialmente nuoviste; serve una profonda rivoluzione culturale, serve un nuovo umanesimo!
Una nuova classe dirigente, rispetto a quella rancida, che ci ha portato al punto in cui siamo, non può scaturire dai puri livelli gestionali, dagli inciuci, dalle cordate correntizie e nemmeno dalle rottamazioni a casaccio, ma dallo studio dei “classici” del pensiero democratico e progressista, dalla lezione dei nostri padri costituenti, dall’ analisi critica della realtà presente, dalla capacità di svolgere un ruolo culturale e di guida nella società.
Un nuovo domani non può essere costruito da parlamentari nominati e servili, da miliardari in conflitto di interesse con la cosa pubblica, da notabili proiettati nelle amministrazioni locali.
Senza una crescita culturale, civile e umana generalizzata non potrà esserci né una crescita economica solida e duratura, né un rinnovamento politico.